Frequenza: 1/700 nati vivi

La trisomia 21 o sindrome di Down è l’anomalia cromosomica più frequente.

Il quadro clinico è caratterizzato da una sindrome dismorfica (il viso è di solito molto evocatore), ipotonia e ritardo mentale di gravità variabile.

Diverse complicanze sono determinate dalla presenza del cromosoma 21 soprannumerario: anomalie cardiache, anomalie della colonna vertebrale, difetti uditivi, difetti visivi, ipotonia muscolare, problemi motori, bassa statura, eccessivo aumento di peso, ipotiroidismo, atresie congenite, malattia di Hirschprung, anomalie del sistema immunitario, leucemia, alopecia areata, cheratocono, displasia dell’anca,  celiachia, mancata eruzione dei denti, apnea notturna ostruttiva, prolasso della valvola mitrale,  Ritardo mentale e problemi comportamentali presentano una notevole variabilità individuale.

Di solito, il cromosoma in soprannumero origina da non-disgiunzione meiotica nel 92% dei casi,  cioè mancata separazione dei cromosomi della coppia 21 durante la meiosi, per cui uno dei genitori nella sua cellula riproduttiva, uovo o spermatozoo, è portatore di due cromosomi 21 invece di uno.

Di conseguenza la combinazione con l’uovo o lo spermatozoo normale determina la formazione di uno zigote con tre cromosomi 21, uno ereditato da un genitore e due dall’altro.

Tale condizione, definita Trisomia 21 “libera” o “primaria”, si verifica spontaneamente e in modo imprevedibile, anche se è noto il dato statistico di una maggiore frequenza legata alla più elevata età materna, dopo il 36° anno di età.  La frequenza della sindrome aumenta con l’età materna (1/1.500 a 20 anni, 1/100 a 40 anni).

Nel 75% dei casi la trisomia origina nel corso della meiosi materna, mentre nel 25% l’errore avviene nella  meiosi paterna. In alcuni casi esiste la ricorrenza familiare, correlata ad una traslocazione di un cromosoma 21 su un altro cromosoma (più spesso 13, 14 o 15).

Nel caso di trisomia 21 libera completa, l’eventualità di ricorrenza è statisticamente pari al rischio legato all’età materna al momento del concepimento più un 1% aggiuntivo. Questo 1% in più viene riassorbito dal rischio legato all’età materna quando questa è superiori sopra ai 30 anni  diventando progressivamente irrilevante. Per cui una donna con più di 30 anni che ha avuto una precedente gravidanza con SD non ha un rischio aggiuntivo significativo di avere una nuova gravidanza con SD.

L’evoluzione della malattia è considerevolmente migliorata grazie alla possibilità di intervenire  precocemente nei pazienti ricorrendo ad interventi di psicomotricità, chinesiterapia, ortofonia. Una scolarizzazione adeguata consente, nella maggior parte dei casi, acquisizioni idonee al raggiungimento di una sufficiente autonomia e ad una integrazione sociale.

La diagnosi prenatale può essere facilitata da un certo numero di criteri morfologici (ispessimento nucale rivelato all’ecografia prenatale precoce) e biologici  che permettono di individuare una popolazione a rischio più elevato e di proporre un monitoraggio prenatale della gravidanza con villocentesi o amniocentesi anche in pazienti non a rischio per età materna avanzata.


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